Terminata la preghiera, bruciarono carta votiva e se ne tornarono a casa.
Quando restarono soli, Porcellino propose a Scimmiotto: "Andiamocene a casa anche noi."
"Dove sarebbe la tua casa?"
"Andiamo a dormire dal vecchio Chen."
"Bestia, non dire sciocchezze. Hai promesso e ora devi mantenere."
"Dài a me della bestia, ma lo sei tu. Non penserai di offrirti davvero in sacrificio! Li abbiamo presi in giro e ci siamo divertiti; adesso basta."
"Ciò che fai per gli altri non lasciarlo a metà. Non ne verremo a capo se non aspettiamo che questo re ci venga a divorare. Altrimenti procureremmo soltanto disgrazie, faremmo un bel disastro."
Mentre parlavano, si udì il vento sibilare.
"Va male!" brontolò Porcellino. "Ecco il rumore che fa quel coglione quando arriva."
"Zitto!" lo sgridò Scimmiotto. "Se occorre rispondere, parlo io."
Dopo un istante il mostro apparve all'ingresso del tempio. Eccolo qua:
Armato d'oro, con rossa cintura,
Con occhi scintillanti come stelle
Della notte, mostrando denti aguzzi
Come seghe. Ondeggiano ai suoi piedi
Brume acquatiche. Il corpo è circondato
Da un umido vapore. Se cammina
Muove vento malefico; da fermo
Ristagna intorno a lui un'aria mefitica.
È minaccioso come un capitano
Del palazzo, più brutto di un guardiano
Del tempio.
Stagliandosi sulla porta del tempio, l'orco domandò: "Quale famiglia offre il sacrificio quest'anno?"
"Sono onorato dalla vostra domanda" rispose Scimmiotto. "Quest'anno tocca alla famiglia di Chen Cheng e Chen Qing."
Il mostro restò perplesso: "Com'è disinvolto questo bambino!" si diceva. "Ha la battuta pronta. Quelli che mi portano di solito sembrano muti; se ripeto la domanda svengono, se gli metto le mani addosso sono già morti. Come mai questo bimbetto risponde così bene?" Esitò ad acchiapparli e fece un'altra domanda: "E come vi chiamate voi due?"
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