"Si direbbe che questo bestione abbia passato la sua vita sul ghiaccio" si disse Scimmiotto sogghignando. Tutti seguirono il consiglio: il reverendo con il bastone da pellegrino, Scimmiotto con la sbarra di ferro e Sabbioso con il suo randello ammazzadiavoli. Quanto a Porcellino, che già portava i bagagli appesi a un bilanciere, si legò per soprammercato il rastrello alla vita. I pellegrini avanzavano con passo sicuro.
Dopo aver camminato fino a notte mangiarono un po' delle provviste, ma non osarono fermarsi a lungo: ripresero il cammino alla smorta luce della luna e delle stelle, che si rifletteva sull'immensa distesa gelata. Non chiusero occhio per tutta la notte. All'alba fecero un'altra breve sosta, mangiarono un po' di cibo e ripresero il cammino.
Mentre camminavano, si udì sotto la superficie un gran rumore; il cavallo bianco trasalì e fu per scivolare.
"Discepoli!" gridò allarmato Tripitaka, "che cosa significa?"
"Son rumori del ghiaccio" spiegò Porcellino. "Probabilmente arriva sino al fondo e raschia il letto del fiume."
Tripitaka si rassicurò e spronò la sua cavalcatura.
Intanto il mostro, ritornato nella sua residenza, aveva riunito le creature acquatiche sotto il ghiaccio. Aspettarono un bel pezzo, e finalmente udirono battere gli zoccoli di un cavallo. Allora il mostro, con il suo potere magico, spezzò il ghiaccio. Al gran colpo Scimmiotto balzò in aria; gli altre tre e il cavallo furono inghiottiti.
L'orco afferrò Tripitaka e rientrò in casa alla testa dei suoi spiriti malefici, gridando con voce tonante: "Dov'è la mia sorella perca?"
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