"Visto che siete qui" suggerì Scimmiotto, "restate ancora un momento: vorrei chiamare i fedeli del villaggio dei Chen perché vedano con i loro occhi il volto dorato della pusa. Per loro sarà un ricordo indimenticabile; e poi il racconto di come avete castigato l'essere malefico che li tormentava sarà il migliore incitamento perché questa brava gente vi offra il suo culto con cuore sincero."
"Va bene; chiamateli pure."
Porcellino e Sabbioso corsero subito per le strade del villaggio gridando: "Venite, venite tutti a vedere la pusa Guanyin in carne e ossa!"
Uomini, donne, bimbi e vegliardi, tutto il paese corse al fiume, e tutti si inginocchiarono e si prosternarono senza badare al fango. Nella folla c'era anche un bravo pittore, che immortalò per i posteri l'immagine di Guanyin spettinata e con il paniere del pesce.
Poi la pusa se ne tornò nei mari del Sud.
Porcellino e Sabbioso si immersero fino alla residenza della tartaruga alla ricerca del maestro: tutti i mostri acquatici erano morti e imputriditi. Si recarono nella corte posteriore, aprirono il cofano di pietra, si caricarono del monaco cinese e lo portarono su in mezzo alla folla. I fratelli Chen si prosternarono davanti a Tripitaka e rinnovarono i ringraziamenti, ma non si seppero trattenere dal rinfacciargli: "Vi sareste risparmiato tutte queste prove, se aveste dato retta al nostro consiglio di restare a casa nostra."
"Giusto. Ma dovete pensare" fece notare Scimmiotto "che l'anno prossimo vi sareste trovati daccapo a fare sacrifici umani; invece in questo modo il flagello del grande re è stato estirpato. Caro vecchio signor Chen, dobbiamo ricorrere ancora una volta ai vostri servigi: ci dovreste procurare una barca per attraversare il fiume."
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