"Me ne guarderò bene" rispose la tartaruga.
La bestia stese le zampe e avanzò nell'acqua con maggiore agio che sulla terra. La folla sulla spiaggia bruciava incenso e si prosternava, ripetendo: "Namo Amitâbha Buddha!" È il caso di dirlo:
Appare l'avatara di un arhat,
È proprio un vivo pusa avanti agli occhi.
La folla rimase lì e continuò a pregare finché non scomparvero dalla vista.
I pellegrini compirono la traversata di ottocento li in meno di una giornata, e sbarcarono sulla riva occidentale senza bagnarsi né piedi né mani.
"Cara tartaruga, quanta pena vi siete data!" disse Tripitaka giungendo le mani quando furono a terra. "Al momento non ho nulla da darvi; ma aspettateci al ritorno."
"Lasciate stare. C'è una cosa a cui terrei molto. Ho sentito dire che il Buddha del Paradiso dell'Ovest ha superato la vita e la morte, e che conosce il passato e l'avvenire. Io qui mi sto coltivando da più di mille anni: ma per quanto allunghi la mia vita e alleggerisca il mio corpo, non riesco a perdere questo carapace. Dovreste chiedere al Buddha quando me ne potrò sbarazzare e ottenere un corpo umano."
"D'accordo, gli porrò la domanda" promise Tripitaka. E la tartaruga ritornò in acqua e se ne andò.
Scimmiotto aiutò il monaco cinese a rimontare a cavallo, Porcellino prese i bagagli e Sabbioso li seguì. I pellegrini ripresero di buon passo la strada dell'Ovest.
Fu così che
Per ordine imperiale il santo monaco,
Sfidando mille prove sul cammino,
Senza temer la morte, a cuor sincero,
Varcò il fiume su quella tartaruga.
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