"Stiamo dunque alla larga. La mia fame, però, non è illusoria" si lagnò Tripitaka.
"Allora smontate da cavallo e sedetevi in questa radura. Andrò a mendicare cibo per voi; aspettatemi" propose Scimmiotto.
Tripitaka scese da cavallo e Sabbioso posò i bagagli, aprì un sacco e ne tolse la ciotola per le elemosine, che tese al Novizio. Questi insisté: "Mi raccomando, saggio fratello, non vi muovete da qui. Assicurati che il maestro non si muova, mentre vado a mendicare. Vi muoverete solo quando sarò tornato."
Sabbioso confermò, ma Scimmiotto si rivolse anche a Tripitaka: "State fermo, maestro, questo posto non promette niente di buono. Statevene lì, mentre io chiedo l'elemosina."
"Ho capito, non insistere. Piuttosto cerca di sbrigarti."
Scimmiotto fece per allontanarsi, ma ritornò indietro: "Maestro, so che siete impaziente e non vi piace restare seduto a lungo. Permettetemi di usare questa misura di sicurezza: lo faccio per voi."
Tracciò con la sua sbarra un cerchio al suolo; invitò il monaco a mettersi al centro e Porcellino e Sabbioso ai lati, con il cavallo e i bagagli a portata di mano. Poi si rivolse a Tripitaka giungendo le mani: "Vedete, questo cerchio è più sicuro di una parete di bronzo o d'acciaio. Nessuno oserà accostarsi: né lupi, né tigri, né mostri, né lamie. Ma non ne dovete uscire. Finché sarete lì dentro vi posso garantire che non vi accadrà nulla, ma guai se mettete il naso fuori. Vi scongiuro, non dimenticatelo!"
Maestro e discepoli presero solennemente la posa di un gruppo scultoreo, mentre Scimmiotto balzava su una nuvola e partiva in cerca di un villaggio. Viaggiò verso sud finché vide vecchi alberi tanto alti da toccare il cielo, che annunciavano la prossimità di un casale. Scese e vide
|