Conferma il racconto che tutti gli edifici non erano che una fata morgana suscitata da un orco, che viveva da quelle parti e passava il suo tempo a catturare viandanti. Udendo grida e lamenti, uscì dalla sua grotta per vedere chi era caduto in trappola. Chiamò alla riscossa i suoi mostriciattoli, fece scomparire torri e padiglioni, e ordinò di portare nella sua tana tutti quanti, compresi il cavallo e i bagagli.
Il mostro troneggiava su un'alta pedana, mentre la folla dei diavoletti spingeva avanti il monaco cinese, che si prosternò nella polvere.
"Da dove vieni, bonzo?" domandò l'orco. "Come ti permetti di venire a rubarmi il guardaroba?"
"Il povero monaco che sono" dichiarò Tripitaka in lacrime, "è incaricato dai grandi Tang delle terre dell'Est di andare in cerca delle scritture nel Paradiso dell'Ovest. Mentre aspettavo il ritorno del mio primo discepolo, che è andato a mendicare cibo, sono entrato per errore nel vostro dominio. La meschina cupidigia dei miei discepoli li ha sfortunatamente indotti a impadronirsi di questi abiti, benché gli avessi raccomandato di rimetterli al loro posto. Ma non mi hanno ascoltato e hanno voluto indossarli per riscaldarsi, senza rendersi conto di cadere così nella trappola predisposta da vostra maestà, né pensare che sarei stato catturato anch'io. Ripongo tutte le mie speranze nella commiserazione di vostra maestà, perché mi lasci il poco tempo che mi resta da vivere e mi permetta di trovare i sutra che cerco. Ve ne saremo eternamente riconoscenti e canteremo le vostre lodi al ritorno nelle terre dell'Est."
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