"Grazie del consiglio" rispose Scimmiotto, "ma a rinunciare non ci penso nemmeno."
Voleva dare al vecchio il riso della sua ciotola per ringraziarlo, quand'egli posò il bastone, prese la ciotola per tenderla al servitore, e mutò aspetto. Padrone e servitore si prosternarono: "Grande santo, le umili divinità che siamo non possono tenervelo nascosto più a lungo: siamo il dio della montagna e la divinità locale, venuti ad accogliervi. Permetteteci di conservare per voi la ciotola, perché non vi sia d'imbarazzo nell'esercizio del vostro lavoro. Ve la renderemo quando avrete liberato il monaco cinese da questa prova, perché gliela offriate dimostrando il vostro grande attaccamento."
"Diavolacci da pochi soldi che non siete altro! Andate per caso in cerca di legnate?" tuonò Scimmiotto. "Se sapevate chi sono, perché non vi siete presentati subito? Che cos'è questa maniera di incassare il collo e nascondere la coda?"
"Tutti sanno che la vostra eminente santità è piuttosto impulsiva. Non osavamo imporre la nostra presenza a rischio di offendervi. Perciò abbiamo preferito presentarci in incognito."
"Va bene" disse Scimmiotto calmandosi, "prendo nota della correzione che vi siete meritata. Custodite bene la ciotola e aspettate che catturi il mostro."
La divinità locale e il dio della montagna si ritirarono.
Scimmiotto si strinse bene la cintura, rimboccò il grembiule di pelle di tigre e, impugnata la sbarra con i cerchi d'oro, si slanciò alla ricerca della tana dell'orco. Girando intorno alla rupe scoprì, contro la parete azzurrina, un ammasso di rocce su cui si disegnavano due battenti di pietra. Accostandosi vide diversi mostriciattoli che si esercitavano nel maneggio delle armi. Si vedevano
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