Non mi vidi invitato a un banchetto di Pesche
Dell'immortalità e mi sentii offeso.
Per vendicarmi giunsi allo Stagno di Diaspro,
Rubai vino di giada e fegato di drago,
Senza contar le pesche di mille anni di cui
Mi ero già rimpinzato, e l'elisir che in seguito
Ingoiai in quantità. Non mi facevo scrupoli
Per ciò che mi piaceva. Per mettermi a partito
Fui braccato da un grande esercito celeste.
Io mandai a farsi friggere i nove luminari,
Mi sbarazzai di tutti; non c'era capitano
Che fosse alla mia altezza. Dovettero chiamare
Erlang, Piccolo Santo, perché desse una mano.
Ci scontrammo attraverso molte trasformazioni.
Fu Guanyin, col suo vaso, che venne alla riscossa,
E Laozi che riusciva a farmi catturare
Usando il suo bracciale di diamante. Fui preso
E venni condannato a decapitazione.
Ma non riuscì il carnefice a tagliarmi la testa:
Sul mio collo la sciabola sollevava faville.
Non riuscirono a uccidermi. Il signore Laozi
Infine volle chiudermi nel suo forno. Ne uscii
Più duro dell'acciaio. Ne balzai fuori nero
E più forte che mai. Non sapendo che fare,
Il Cielo chiese aiuto al Buddha, i cui poteri
Sono senza rivali, come la sua saggezza.
Con lui feci scommessa di saltargli di mano,
Ma mi trovai schiacciato sotto una gran montagna.
Restavo imprigionato per cinquecento anni,
Senza un pugno di riso né una goccia di tè.
Quando Cicala d'Oro discese sulla terra,
Fu inviato a recare omaggio al Buddha e a prendere
I veri sutra. Allora da Guanyin fui ingaggiato
Per convertirmi al bene e lasciar le pazzie.
Superata la prova, me ne vado nell'Ovest
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