"Saggio discepolo" esclamava Tripitaka colmo di gratitudine, "la prossima volta seguirò le tue istruzioni per filo e per segno; puoi credermi, dopo quante ne ho passate."
I quattro pellegrini si divisero il pasto; il riso era ancora fumante.
"Come fa a essere caldo, dopo tutto questo tempo?" domandò il Novizio.
"L'ho messo io a scaldare, quando ho saputo che il grande santo aveva concluso la sua impresa" spiegò inginocchiandosi la divinità locale.
Terminato il pasto, riposero la ciotola e si congedarono dai geni del luogo. Il maestro si rimise in sella e superarono l'alta montagna. È il caso di dirlo:
Lo spirito sereno ritorna consapevole.
Vanno all'Ovest nutrendosi di vento e di speranza.
Viaggiarono a lungo, finché incominciò a manifestarsi una precoce primavera. Si sentivano
pigolare le nere rondini, cantare i rigogoli gialli, le une riempiendosi il becco, gli altri intrecciando i loro trilli.
Il sole si copre di un broccato di petali, il monte si colora come un'incredibile catasta di cuscini ricamati. Sul susino verdeggiante incominciano a formarsi frutti grandi come piselli; il vecchio cedro sul ciglio dello strapiombo trattiene le nubi del cielo.
Una foschia luminosa si stende sulla pianura, la sabbia si scalda ai raggi di sole. Qua e là si vedono frutteti in fiore; dappertutto la stagione rinnova i boccioli dei salici.
Finirono per imbattersi in un fiumicello dall'acqua fresca e limpidissima. Il reverendo tirò le redini per contemplare a suo agio: sulla riva di fronte si vedevano tetti di capanne che superavano di poco le verdi chiome dei salici piangenti. Il novizio li additò: "Laggiù abita gente. Di sicuro ci sarà un traghetto."
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