Mentre sbarcavano sulla riva occidentale, il reverendo incaricò Sabbioso di pagare qualche sapeca. La donna intascò il denaro, ormeggiò la barca a un palo che sorgeva dall'acqua e scomparve in una casetta vicina soffocando piccole risa.
A vedere quell'acqua così limpida, Tripitaka provò sete e disse a Porcellino: "Prendimi una ciotola d'acqua."
"Anche a me è venuta voglia di bere."
Riempì la ciotola e la tese al maestro, che ne bevve un piccolo sorso e gli lasciò il resto. Quand'ebbero bevuto, Porcellino aiutò Tripitaka a rimontare a cavallo e si avviarono in cerca della strada dell'Ovest.
Trascorsa meno di un'ora, il reverendo sul suo cavallo incominciò a gemere: "Che mal di pancia!"
"Anche a me duole la pancia" disse Porcellino.
"Sarà stata l'acqua fredda che avete bevuto" suggerì Sabbioso.
Il maestro gridò più forte: "Ahi, non ne posso più!"
"È un male spaventoso!" gli fece eco Porcellino.
Mentre si lamentavano, i loro ventri ingrossavano a vista d'occhio. A toccarli si sentiva che c'era dentro qualcosa che premeva e si agitava senza tregua. Tripitaka stava per svenire, quando videro una capanna sul ciglio della strada; da un ramo d'albero pendevano due sandali di paglia.
"Che fortuna, maestro!" esclamò Scimmiotto. "Ecco un'osteria. Andiamo a chiedere l'elemosina di un po' di acqua calda e vediamo se si trovano medici che possano curare il vostro mal di pancia."
Tripitaka si sentì confortato e frustò il cavallo. Giunsero presto davanti alla porta, dove il reverendo smontò. Dentro c'era soltanto una vecchia seduta su uno sgabello di giunco, intenta a filare canapa. Il Novizio la salutò a mani giunte e spiegò: "Nonna, sono un povero monaco che viene dalle terre dell'Est; il mio maestro è fratello dell'imperatore in persona. Quando abbiamo attraversato il fiume ne ha bevuto l'acqua, ma gli ha dato mal di pancia."
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