Toccato alla vita: la sbarra è falco che afferra il passero. Tre volte il cranio: il gancio è mantide che aggredisce la cicala. Avanzano e indietreggiano disputandosi la vittoria, girano intorno senza tregua, senza vinto né vincitore.
Combatterono per più di dieci riprese. Il taoista non era all'altezza del grande santo, che mirava alla testa con crescente determinazione. La sbarra si abbatteva come una pioggia di stelle filanti. Il taoista si sentì troppo debole e fuggì verso la montagna con lo scettro penzoloni.
Scimmiotto rinunciò a inseguirlo, ricuperò il vaso di ceramica ed entrò nell'eremitaggio in cerca d'acqua. Le porte erano state sbarrate fin dall'inizio, ma lui le buttò giù con un calcio e si precipitò all'interno, dove vide il discepolo curvo sul bordo del pozzo. Lanciò un grido e fece per rompergli la testa, ma quello corse via. Scimmiotto si accingeva ad attingere l'acqua con un secchio trovato accanto al pozzo, quando ricomparve il maestro taoista, che gli agganciò una gamba con il suo uncino e lo mandò lungo disteso sulle lastre di pietra del pavimento. Scimmiotto si rialzò subito e agitò la sua sbarra; l'altro saltava qua e là per evitare i colpi e lo scherniva: "Vediamo se sei capace di prendere la mia acqua."
"Fatti sotto!" gridava il grande santo. "Avrò la tua pelle, sudicia bestia, non solo la tua acqua."
Il prete si guardava bene dall'esporsi troppo; si accontentava di impedirgli l'accesso al pozzo. Scimmiotto si provò a roteare la sbarra con la mano sinistra, mentre con la destra agganciava il secchio alla corda. Ma non riuscì a evitare un nuovo sgambetto che lo fece incespicare e abbandonare la corda, la quale precipitò con il secchio in fondo al pozzo.
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