"Maestro, per carità" si inquietò Scimmiotto, "non esponetevi a correnti d'aria! Badate che, se prendete freddo, vi potrebbe venire la febbre puerperale."
La vecchia procurò loro due pitali, di cui fecero uso ripetutamente: il gonfiore si ridusse, man mano che la massa di carne e sangue si dissolveva, e il dolore si calmò. Allora le donne prepararono la pappa di riso bianco per riempire il vuoto.
"Io, nonna, sono un macigno" dichiarò Porcellino. "Non ho bisogno di fortificanti. Piuttosto scaldatemi acqua per un bagno. Mangerò la pappa dopo essermi lavato."
"Bada, fratello" obiettò Sabbioso, "non puoi fare il bagno: nel primo mese dopo il parto ogni contatto con l'acqua può provocare guai."
"Ma non è mica un parto, era solo una falsa gravidanza. Non inventiamo difficoltà. Io ho bisogno di ripulirmi."
La vecchia scaldò dell'acqua perché si lavassero i piedi e le mani. Mentre Tripitaka mangiava la seconda tazza di pappa, Porcellino ne aveva già vuotate dieci e reclamava l'undicesima.
"Ciccione" disse ridendo il Novizio, "datti una regolata. Che aspetto avrai con il pancione a forma di sacco di pappa?"
"Lascia stare, non corro rischi. Non sono mica una scrofa."
Gli si dovette cuocere altro riso.
La vecchia si rivolse al monaco cinese: "Reverendo maestro, date a me l'acqua che avanza."
"Tu, bestione, non ne vuoi più bere?" chiese il Novizio a Porcellino.
"Il mal di pancia è passato, la gravidanza dev'essere finita. Perché ne dovrei bere, se ormai mi sento bene?"
"Visto che a noi non serve più, prendetela pure" disse Scimmiotto.
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