Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     "Calma, signori" disse Scimmiotto; "ho qualcosa da farvi vedere."
     Si tastò dietro l'orecchio e ne cavò un ago da ricamo: "Signori, noi monaci siamo poveri: non ho altro da offrirvi che questo ago."
     "Che scalogna! Ci siamo lasciati scappare il bonzo ricco e c'è rimasto in mano questo pidocchioso ciuco tonsurato. Che ce ne facciamo del tuo ago?"
     Scimmiotto se lo rigirò fra le mani e lo trasformò in un grosso randello.
     "Il giovincello ci sa fare, con la magia!" esclamò allarmato uno dei capi.
     Scimmiotto piantò il randello per terra e dichiarò: "Lo do a chi riesce a prenderlo."
     I due capi si fecero avanti ma, poveretti, non riuscirono a spostarlo di un pelo: come libellule alle prese con una colonna di marmo. Non potevano sapere che la sbarra cerchiata d'oro pesava trentatremila libbre sulle bilance del Cielo. Scimmiotto si accostò, la sollevò senza sforzo e la puntò sui malfattori, danzando la figura del pitone che si attorce e si srotola: "Che guaio vi càpita, siete incappati proprio nel vecchio Scimmiotto! Oggi non avete fortuna..."

     Un bandito tornò alla carica scaricandogli addosso una sessantina di colpi alla disperata, ma il Novizio rise: "Ti stanchi le mani; ti restituirò un colpetto solo, col mio bastone, senza calcare troppo la mano."
     Roteò la sbarra dandole il diametro di una vera di pozzo e un'ottantina di piedi di lunghezza. Uno dei capi briganti ne fu sfiorato, cadde nella polvere e non si mosse più. L'altro si mise a gridare: "Questa canaglia di monaco esagera! Invece di sganciare i soldi, ha ammazzato uno di noi!"


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