"È di un bonzo dell'Est in cerca di scritture. Passa la notte qui da noi. I nonni gli hanno offerto la cena e l'hanno messo a dormire nel capanno."
Il marito corse dai suoi soci ridendo e battendo le mani: "Che fortuna, ragazzi! Il nostro nemico è venuto ad alloggiare proprio qui."
"Quale nemico?"
"Il bonzo che ha ammazzato i nostri capi: ora dorme nel capanno."
"Magnifico! Adesso li prendiamo, quei ciuchi tonsurati, li facciamo a pezzi e li mettiamo in salamoia. Vendichiamo i nostri capi e ci guadagniamo i bagagli e il cavallo."
"Non precipitiamo le cose. Aspettate che sia pronto il riso, e intanto affilate i coltelli. Quando saremo a pancia piena, andremo tutti insieme." E si misero al lavoro: chi affilava le sciabole, chi la punta delle lance.
Il vecchio, che li aveva sentiti, scivolò nella corte posteriore e svegliò i pellegrini: "Mio figlio è arrivato con la sua banda. Hanno saputo che siete qui e vi vogliono uccidere. Non posso certo permetterlo, se penso come venite da lontano. Raccogliete i vostri bagagli: vi farò uscire dal cancello verso la campagna."
Tripitaka si prosternò, tutto tremante, per ringraziare il vecchio, ordinò a Porcellino di prendere il cavallo, a Sabbioso di portare i bagagli e a Scimmiotto di reggergli il bastone da pellegrino. Il vecchio aprì il cancello dei campi perché fuggissero e, a passi felpati, ritornò nel suo letto.
Era trascorsa la quinta veglia quando finirono di affilare le armi e di mangiare. Allora si precipitarono tutti nella corte, ma scoprirono che la preda era scomparsa. Cercarono intorno con torce e lampade, e videro aperto il cancello dei campi.
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