Mentre camminava si sentì chiamare: "Porcellino!" Alzò la testa e vide Sabbioso che gridava dall'alto della rupe: "Vieni da questa parte!" Poi gli venne incontro e domandò: "Dov'eri andato, invece di attingere l'acqua limpida di questo ruscello?"
"Mentre venivo qui" rispose Porcellino, "mi sono accorto che nella valletta abita gente e sono andato a mendicare una ciotola di riso."
"Serve anche quello, ma ora il maestro muore di sete; dove mettiamo l'acqua?"
"È facile: raccogli il riso in un lembo del tuo vestito, e io riempirò la ciotola d'acqua."
Ma quando ritornarono, videro Tripitaka giacere nella polvere con la faccia rivolta al suolo, mentre il cavallo bianco nitriva e scalpitava con i finimenti sciolti, e i bagagli erano scomparsi.
Porcellino, spaventato, si batteva il petto e gemeva: "Non occorre dirlo, sono ancora quei briganti che Scimmiotto aveva scacciati: i superstiti sono ritornati a uccidere il maestro e a derubarci."
"Va a riprendere il cavallo" gli disse Sabbioso. E si tormentava: "E adesso che cosa facciamo? È il disastro, non ci resta che abbandonare la corsa." E gridava: "Maestro!" con singhiozzi da spezzare il cuore.
"Non piangere, fratello" diceva Porcellino. "Al punto in cui siamo, la ricerca delle scritture è finita. Tu veglia il corpo del maestro, che io monto sul cavallo e vado a cercare una bottega o un mercato dove possa venderlo per qualche tael, e comperarci una bara per seppellire il maestro. Poi non ci resterà che andarcene, ciascuno per la sua strada."
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