Sabbioso, che non poteva rassegnarsi, ritornò accanto al corpo dell'infelice monaco cinese per cercare di riscaldargli il viso. Singhiozzava: "Che amaro destino, maestro!"
Ma si accorse che un po' di fiato caldo usciva ancora dalle narici, e che qualche calore risiedeva ancora nel petto. Si mise a chiamare: "Vieni qui, Porcellino. Il maestro è ancora vivo."
Anche Porcellino si avvicinò per sostenerlo, e pian piano il reverendo riprese i sensi. Dapprima gemette e poi si mise a vituperare 'quel maledetto macaco che l'aveva battuto a morte'.
"Quale macaco?" chiesero Porcellino e Sabbioso.
Il reverendo serrava le labbra e sospirava. Dopo che gli ebbero inumidito la gola con un po' d'acqua, disse finalmente: "Discepoli, mentre eravate via mi è venuto a importunare Consapevole del Vuoto. Poiché rifiutavo fermamente di riprenderlo, mi ha colpito col suo randello e si è portato via i due sacchi di feltro nero."
A queste parole Porcellino digrignò i denti, con il cuore arso di indignazione: "Maledetta scimmia, come ha osato comportarsi così?" E si rivolse a Sabbioso: "Tu bada al maestro, che io vado da lui a reclamare i nostri sacchi."
"Non perdere il sangue freddo. Sosteniamo il maestro fino a quella capanna nella valletta e chiediamo a quella gente un po' d'acqua calda per il riso che ti hanno dato. Sistemiamo prima il maestro, e poi partiremo per la ricerca."
Porcellino seguì il consiglio e aiutò Tripitaka a montare a cavallo. Tutti e tre si diressero alla capanna, dove trovarono soltanto la vecchia, che a vederli arrivare cercò di nascondersi.
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