Quando la scimmia udì il Beato rivelare la sua identità, prese paura e si raccolse per balzar via e fuggire lontano; ma il Buddha ordinò alla folla di gettarsi su di lei. Fu perciò circondata dai quattro pusa, dagli otto portatori di folgori, dai cinquecento arhat, dai tremila rivelatori, da bhiksu e bhiksunî, da upâsaka e upâsikâ, da Guanyin e da Moksa; anche Scimmiotto volle essere della partita.
"Non lo toccare, Consapevole del Vuoto" disse il Buddha. "Ora lo catturerò."
Il macaco terrorizzato, con il pelo ritto, comprese di non avere via d'uscita; perciò si trasformò in ape e volò via. Ma il Beato prese la sua ciotola d'oro delle elemosine e gliela rovesciò sopra; ciò avvenne così rapidamente che nessuno se ne rese conto, e tutti credettero che fosse fuggito.
"Zitti" disse il Buddha sorridendo. "Il mostro non è fuggito: sta sotto la mia ciotola."
Tutti si accostarono fissando gli sguardi intenti, e il Buddha sollevò la ciotola: ecco in effetti il macaco a sei orecchie, che aveva ripreso il proprio aspetto. Scimmiotto non riuscì a trattenersi: gli calò sulla testa un fendente del suo randello e lo uccise. Fu così che la specie si estinse; ai nostri giorni non si vedono più macachi a sei orecchie.
"Bontà divina!" scappò detto al Beato.
"Non dovreste perdere tempo a impietosirvi di lui. Ha battuto il mio maestro, ci ha rubato i bagagli: a norma di legge era passibile di decapitazione, per furto alla luce del giorno con violenze e lesioni."
"Sarà meglio che ritorni dal monaco cinese e ti sbrighi a condurmelo qui a prendere le scritture."
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