"Non me ne vogliate, reverendo" rispose sorridendo il vecchio rassicurato, "se con la vista debole della mia tarda età non mi sono reso conto di chi foste."
"Prego, non c'è di che."
"Dov'è il vostro rispettato maestro?"
"Eccolo laggiù, all'angolo della strada maestra."
"Pregatelo dunque di venire."
Scimmiotto fece allegramente segno di avvicinarsi, e Tripitaka venne avanti con Porcellino, Sabbioso e il cavallo bianco; tutti salutarono il vecchio. Questi osservava l'aspetto dignitoso del monaco e le insolite grinte dei suoi discepoli, diviso fra il piacere e il timore. Non poté comunque sottrarsi dall'invitarli a entrare, mentre ordinava ai suoi di servire il tè e di preparare il pasto. Tripitaka ringraziò e chiese: "Posso permettermi, nonno, di farvi una domanda? Come mai l'autunno avanzato è tanto caldo da voi?"
"Il nostro paese si chiama Monti di Fuoco e non conosce stagioni: qui fa sempre caldo."
"Dove si trovano questi Monti di Fuoco? Non saranno per caso lungo la strada dell'Occidente?"
"L'occidente? Non potete continuare in quella direzione. Le montagne si trovano precisamente sulla strada maestra, a sessanta li dalla mia casa. Sono ottocento li di fuoco e fiamme, senza ombra di vita né di vegetazione. Anche se aveste la testa di bronzo e il corpo di acciaio, sareste liquefatti dal calore prima di arrivare a metà strada."
Tripitaka impallidì e tacque.
Intanto passava un giovanotto, che spingeva un carrettino rosso e gridava: "Dolci! Comprate dolci!" Quando si fermò davanti alla porta, Scimmiotto uscì, trasformò un pelo in una moneta di bronzo e comprò un dolce. Il giovanotto prese per buona la moneta, aprì un sacchetto fumante di vapore e ne trasse il dolce, che gli tese. Scimmiotto lo prese, e gli sembrò di tenere in mano un pezzetto di brace incandescente, o un chiodo che uscisse allora da un forno al calor rosso. Se lo palleggiava da una mano all'altra borbottando: "Scotta! Scotta! Scotta! Come si fa a mangiare questa roba?"
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