La Râksasî gridava: "Ho una sete terribile. Datemi subito da bere."
Una cameriera le portò una teiera e versò la bevanda profumata in una tazza; il tè, agitato dai movimenti affrettati, fece un poco di schiuma. Scimmiotto, che ronzava intorno, ne approfittò per nascondersi in una bollicina e l'assetata Râksasî, quando vuotò la tazza in due o tre sorsi, inghiottì inavvertitamente anche lui.
Sceso nel ventre, egli riprese il suo aspetto e gridò a squarciagola: "Cognata, prestami il ventaglio!"
La donna impallidì di spavento e chiese: "Ragazze, siete sicure che la porta di casa sia chiusa?"
"Ma certo!" risposero in coro le cameriere.
"Eppure sento vicinissima la voce di Scimmiotto."
"Parlo dal tuo stomaco, come la voce della coscienza."
"Che trucco è questo, Consapevole del Vuoto?"
"Non so fare giochi di prestigio" rispose Scimmiotto. "Tutto quello che faccio non è illusione, ma realtà: mi sto effettivamente divertendo dentro le tue nobili budella, rispettabile cognata; qui c'è il tuo fegato, e quelli sono i tuoi polmoni. So che sei tanto stanca e hai bisogno di stimoli: eccotene uno per cominciare."
E diede un bel calcio alla parete dello stomaco: la Râksasî si piegò in due e cadde a terra gemendo.
"Un'altra cosa che può servire è questa." E batté una zuccata nel cuore, provocandole un tale dolore che la fece rotolare qua e là, con le labbra sbiancate e la fronte cerea, mormorando: "Pietà, cognato!"
"Eccomi dunque riconosciuto per cognato" disse Scimmiotto rinunciando ad altri colpi. "Per amore del gran fratello toro te la farò passar liscia, se ora mi presti il ventaglio."
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