Tripitaka manifestò la sua gratitudine, e poi maestro e discepoli si congedarono dal vecchio.
Percorsero una quarantina di li verso occidente, e il caldo divenne sempre più soffocante. "Sento i piedi arrostiti" gemeva Sabbioso. "Mi bruciano le zampe" rincarava Porcellino. Il cavallo trottava svelto e nervoso, per tenere il meno possibile gli zoccoli a contatto del suolo, che era rovente e rendeva il cammino penosissimo.
"Maestro, smontate da cavallo" propose Scimmiotto. "Fermiamoci qui. Aspettate che spenga il fuoco e provochi la pioggia: proseguiremo quando il terreno si sarà raffreddato."
Il Novizio si accostò dunque al fuoco e agitò il ventaglio a tutta forza: le fiamme si alzarono più alte che mai sul fianco della montagna. Altro colpo di ventaglio: cento volte peggio. La terza volta, le fiamme salirono a mille tese e lui corse il rischio di finire in cenere: dovette ritirarsi a precipizio, con i peli delle cosce tutti strinati. Corse verso il monaco cinese: "Marcia indietro! Scappiamo via, il fuoco viene da questa parte!"
Il maestro rimontò a cavallo e corse con i discepoli per una ventina di li; quando si fermarono, chiese: "Che cos'è accaduto, Consapevole del Vuoto?"
"Non è mica il ventaglio giusto" brontolò Scimmiotto gettandolo via. "Quella donna mi ha fregato."
Tripitaka aggrottò le sopracciglia e si sentì così addolorato che si mise a piangere: "E adesso, come facciamo?"
"Fratello, perché ci hai fatto scappar via come matti?" chiese Porcellino.
"Al primo colpo di ventaglio il fuoco mugghiava, al secondo ancor più, al terzo le fiamme sono salite a mille tese. Il mio pelo stava prendendo fuoco."
|