Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     Le settantadue trasformazioni le conosceva anche il re diavolo, e nell'arte del duello non la cedeva a Scimmiotto; era soltanto più corpulento, e non aveva il suo mordente e la sua leggerezza. Nascose le spade di cui si era armato e, con una scossa, si trasformò nel sosia di Porcellino; quindi corse giù per la strada incontro al grande santo, gridando: "Ehi, fratello, eccomi qua!"
     Scimmiotto era davvero soddisfatto di sé; e, come dicevano gli antichi, gatto che vince si crede tigre. Sentiva tanta fiducia nelle proprie capacità, che non pensava a guardarsi le spalle; così, alla vista del falso Porcellino, gridò: "Dove vai, fratellino?"
     "Non tornavi mai" rispose il re diavolo, "e il maestro si preoccupava: temeva che il re toro ti avesse messo in difficoltà. Perciò mi ha mandato a cercarti per darti una mano."

     "Nessun problema" replicò Scimmiotto ridendo. "Come puoi vedere, ho tutto quello che serve."
     "Come hai fatto?"
     "Con il toro abbiamo disputato un centinaio di riprese; ma poi lui se n'è andato a una festa in fondo a un lago. Io mi sono trasformato in granchio e l'ho seguito di nascosto, gli ho rubato la sua bestia dalle pupille d'oro, ho assunto il suo aspetto e sono ritornato alla Grotta del Banano. La Râksasî mi ha scambiato per il marito, e non ha opposto resistenza a farsi rubare il ventaglio."
     "Ti sarai fatto una bella sudata. Chissà quanto sei stanco. Il ventaglio lo posso portare io."
     Scimmiotto glielo consegnò senza sospetto.
     Il re toro sapeva tutto del ventaglio: come lo ebbe in mano, fece il passo magico opportuno e lo ridusse alle dimensioni di una foglia di albicocco. Poi riprese il proprio aspetto e disse beffardo: "Non mi avevi riconosciuto, maledetto macaco?"


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