"E tu, maledetta carcassa scorticata" urlava Porcellino di rimando, "chi credi di essere per misurarti con noi? Assaggia un po' il mio rastrello!"
"Balordo, sacco di segatura!" urlava il re toro. "Tu sei uno zero, mandami quella scimmia."
"Eccomi, ruminante abbrutito" tuonò Scimmiotto. "E dire che siamo stati fratelli giurati. Me ne vergogno; ormai siamo nemici e basta. Bada al mio randello!"
Il re toro fece fronte valorosamente. Fra i tre eroi si scatenò una mischia ancor più violenta della precedente. Che battaglia!
Sbarra e rastrello, alleati con la divinità che conduce le sue milizie infernali, assaltano l'antico animale sacrificale, che tutto solo si difende con potenza uguale al Cielo. Le tre armi fanno meraviglie. Nessuno vuol cedere: l'uno si dichiara avanguardia, l'altro antesignano.
Le milizie del tudi faticano a distinguere legno e terra in quella mischia tremenda.
"Perché non ci vuoi prestare il ventaglio?" chiedono i due. L'altro risponde: "E voi, perché avete ingannato mia moglie? Perché chiedete favori, quando devo ancora vendicare mio figlio e la mia concubina?"
Uno replica: "Attento, la mia sbarra ti leverà la pelle appena ti sfiorerà." L'altro aggiunge: "Tienti alla larga dai nove denti del mio rastrello, che ti faranno in corpo nove buchi grondanti di sangue." Ma il diavolo toro non dà segno di paura e leva alto il suo randello, in cerca del momento giusto per colpire. In quel va e vieni, mentre ciascuno soffia nebbie e caligini, le nubi strapazzate dal vento di burrasca gettano pioggia. Ciascuno combatte energicamente la sua dura battaglia, con il cuore pieno di odio. Colpo alto, colpo basso: le loro parate sono impeccabili.
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