Tripitaka scosse il capo sospirando: "Che oscura vicenda! Non sarà facile metterla in chiaro. È evidente che la corte non è governata come si deve; ma d'altra parte siete rimasti vittime di una calamità naturale. Dal momento che il Cielo aveva inviato quella pioggia di sangue, a essa era dovuta la contaminazione della vostra pagoda. Perché non faceste rapporto al sovrano, per prevenire le interpretazioni malevole?"
"Padre, noi non siamo che comuni mortali: come potevamo interpretare le intenzioni del Cielo? Non seppero farlo nemmeno gli anziani che allora ci reggevano; e noi non siamo che i sopravvissuti."
"Che ora è, Consapevole del Vuoto?" domandò Tripitaka.
"Circa le quattro del pomeriggio."
"Volevo recarmi a corte per presentare il passaporto; ma finché questa faccenda non mi è ben chiara, non mi sento in grado di parlarne al sovrano. Quando lasciai Chang'an, feci voto di bruciare incenso in ogni tempio che avessi incontrato sulla strada dell'Ovest, pregare il Buddha in ogni monastero e spazzare ogni stupa. Voi subite torti a causa di uno stupa. Mentre faccio le mie abluzioni, procuratemi una scopa. Entrerò nello stupa per nettarlo e indagare sulle circostanze e ragioni della sua contaminazione, che ha cagionato la scomparsa dell'alone luminoso. Quando ne sapremo di più, sarò in condizioni di difendervi davanti al re e di liberarvi dalle pene."
I bonzi con la canga corsero in cucina a prendere un coltello e lo offrirono a Porcellino: "Monsignore, usatelo per spezzare le catene dei monaci legati alle colonne, in modo che possano occuparsi della preparazione del pasto e dell'acqua calda per le abluzioni. Intanto noi andremo per la città a chiedere in elemosina una scopa nuova."
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