"L'umile monaco che sono non possiede alcuno dei poteri che la legge può dare" rispose Tripitaka. "Ma per fortuna mi accompagnano questi tre giovani discepoli."
"Vostra maestà deve sapere" aggiunse Sabbioso, "che il mio condiscepolo anziano non è altri che il Grande Santo Uguale al Cielo. Ora si è convertito; ma quando provocò quei tremendi disordini in paradiso, tanto tempo fa, non bastò un esercito celeste di centomila soldati per catturarlo: il signore Laozi era allarmato, e l'Imperatore di Giada tremava di paura. Il mio secondo condiscepolo è stato Ammiraglio dei Canneti Celesti e ha comandato ottantamila marinai della Via Lattea, il fiume celeste. Solo io non ho i poteri del dharma; ma prima di ricevere l'ordinazione buddista, sono stato Capitano delle Cortine Arrotolate. Nelle altre cose saremo stupidi e incapaci, ma se si tratta di catturare mostri, legare lamie, arrestare briganti, buttare a calci il cielo in un pozzo, sollevare il mare o invertire il corso dei fiumi - in affari di questo genere ce la caviamo bene. Non parliamo poi di robetta, come cavalcare nuvole, provocar vento e pioggia, spostare montagne, o togliere la luna dal suo chiodo."
A sentire questi discorsi, il re raddoppiò la propria considerazione e volle far sedere Tripitaka al posto d'onore, chiamandolo "reverendo buddha", mentre trattava Sabbioso da pusa. Tutta la corte, civili e militari, andava in estasi. Ciascuno rendeva omaggio.
Intanto Scimmiotto e Porcellino andarono dritti filati al Lago dei Flutti Verdi sul Monte delle Rocce Caotiche. Il Novizio trasformò la sua sbarra in un coltello; con esso tagliò un orecchio al pesce nero e il labbro inferiore al pesce siluro. Poi disse: "Avvertite il re drago Ognissanti che è arrivato monsignor Scimmiotto, il Grande Santo Uguale al Cielo. Se vuol salvare la sua casa dalla distruzione, ci deve consegnare il tesoro della pagoda del Lampo d'Oro. Altrimenti devasterò il lago e farò tutti a pezzi, vecchi e giovani."
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