Si trasformò in granchio, si tuffò nell'acqua e si recò all'ingresso del palazzo: conosceva la strada, che aveva già percorso all'inseguimento del re toro. Muovendo di sghembo le lunghe zampe si avventurò all'interno, e vide il vecchio drago e la bestia a nove teste che trincavano allegramente in famiglia. Scimmiotto si tenne alla larga dalla sala e scivolò nel portico di sinistra, dove una brigata di granchi e gamberetti si dava alla pazza gioia. Per un po' ascoltò le loro chiacchiere, per mettersi in grado di imitare il loro linguaggio, e infine chiese: "Quel bonzo dal grugno lungo che sua altezza ha catturato è già morto?"
"Non ancora. È legato come un salame nell'altro portico. Non senti come lagna?"
Alla prima occasione, Scimmiotto si diresse con discrezione al portico di destra, dove in effetti il bestione grugniva legato a una colonna. Il Novizio si avvicinò: "Otto Divieti, mi riconosci?"
"Eccome fratello! Hai visto dove sono finito?"
Scimmiotto si guardò attorno con circospezione, e constatò che nessuno badava a loro. Dunque si avvicinò e tranciò le corde con le sue chele. Ma Porcellino, invece di prendere il largo, diceva: "Fratello, mi hanno disarmato: come faccio?"
"Sai dove hanno messo il rastrello?"
"Il mostro l'ha portato con sé."
"Vai all'ingresso e aspettami là."
Porcellino scivolò via, mentre il granchio rampava verso la sala del banchetto. Vide il rastrello di Porcellino che luccicava in un angolo, appoggiato alla parete; si rese invisibile, lo andò ad afferrare e si allontanò verso l'ingresso: "Otto Divieti, ecco la tua arma."
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