Per liberarsi dagli ammiratori, il Novizio ricorse a un trucco: trasformò una manciata di peli in tigri feroci, che sbarrarono minacciose la strada. A questo punto i bonzi si scoraggiarono e non osarono proseguire. Mentre Scimmiotto invitava il maestro a spronare il suo cavallo, i monaci ritti sul bordo della strada piangevano e gridavano: "Graziosi e nobili signori, la sorte continua a perseguitarci, se voi rifiutate di aiutarci a conseguire la salvezza."
Per ogni evenienza, Scimmiotto ricuperò i suoi peli solo dopo un bel tratto di cammino lungo la strada maestra dell'Ovest.
Il ciclo delle stagioni proseguiva: presto l'inverno fu sostituito dalla primavera, temperata e propizia al cammino. La strada passava su una lunga cresta montuosa. Tripitaka tirò le redini per osservare il percorso: rovi spinosi e piante striscianti lo ricoprivano, tanto che della strada restavano ben poche tracce.
"Discepoli miei, come andremo avanti?" gridò il monaco cinese.
"Qualcosa non va?" chiese Scimmiotto.
"Non vedete? La strada scompare sotto cespugli spinosi: è un posto da serpenti, insetti e creature che strisciano. Non credo che sia facile da percorrere nemmeno per voi; ma come pensate che possa farcela il mio cavallo?"
"Non è un problema" disse Porcellino. "Se volete vi spiano il cammino; basta fare come quando si raccolgono sterpi per far fuoco. Nonché a cavallo, ci potrete passare anche in portantina, se vorrete."
"So che sei forte, ma non sappiamo quanto è lungo questo tratto di strada, e se le tue energie potranno venirne a capo."
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