Il bravo bestione fece un passo magico, recitò un incantesimo e si curvò in avanti gridando: "Cresci!" Subito prese una statura di venti tese, e il rastrello la lunghezza di una trentina. Lo impugnò dunque a due mani e si avviò a gran passi, spazzando la sterpaglia a destra e a sinistra: "Coraggio, maestro; venite!"
Tripitaka sferzò lieto il suo cavallo e lo seguì; dietro veniva Sabbioso con i bagagli, e Scimmiotto chiudeva il cammino. Camminarono per l'intera giornata, percorrendo più di cento li. A sera raggiunsero una radura in cui si rizzava una stele con tre grandi caratteri, seguiti da due colonne di caratteri più piccoli:
CRESTA DEI ROVI
PER OTTOCENTO LI, FOLTO DI SPINE:
POCA GENTE PERCORRE LE COLLINE.
Porcellino si mise a ridere: "Mancano un paio di versi. Lasciate che li aggiunga io:
Se Otto Divieti fa da battistrada,
Potete andare dovunque vi aggrada."
"Discepoli, quanto disturbo vi ho dato!" esclamò Tripitaka con voce allegra, smontando da cavallo. "Possiamo pernottare qui; ripartiremo all'alba."
"Non fermiamoci, maestro" esortò Porcellino. "Il cielo è ancora chiaro, noi siamo di buona lena: possiamo continuare anche tutta notte, per venire a capo di questo fottuto percorso."
Il reverendo non poteva che acconsentire.
Porcellino avanzava infaticabile, e il cavallo e gli altri dietro a lui; proseguirono tutta notte e il giorno seguente, finché cadde di nuovo la sera. Le folte sterpaglie spinose non davano segno di finire. A un certo punto si udirono stormire pini e bambù, e la strada sboccò in una spianata in mezzo alla quale si drizzava un vecchio tempio. La porta era circondata da cedri; peschi e susini rivaleggiavano in bellezza. Tripitaka scese da cavallo per ispezionare il posto.
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