Fece per colpirlo, ma il vecchio si trasformò in un sinistro turbine di vento, che avvolse il reverendo e se lo portò via chissà dove. Il grande santo, colto di sorpresa, non sapeva che fare. Porcellino e Sabbioso si guardavano, pallidi di paura; persino il cavallo bianco nitriva spaventato. Tutti quanti si guardavano intorno smarriti e si muovevano come sonnambuli, senza scoprire alcuna traccia che potesse aiutarli.
Intanto il vecchio depose gentilmente a terra Tripitaka presso una casa di pietra, avviluppata da brume e caligini, lo prese per mano e gli disse: "Santo monaco, non vi spaventate. Non siamo dei malfattori, tutt'altro: siamo gente animata da interessi letterari, silvani della Cresta dei Rovi. In questa bella notte di luna piena volevamo invitarvi a una riunione amichevole, per parlare di poesia e passare il tempo piacevolmente."
Il reverendo, che incominciava a riprendersi, spalancò gli occhi per osservare meglio il luogo:
Sotto cielo notturno nuvoloso
Si alza la residenza di immortali,
Luogo di sogno, dove trasmutare
Il corporeo elisir, o coltivare
Bambù svettanti e fiori di montagna.
Frequentano le gru la rupe azzurra,
Cantano le ranocchie nello stagno.
Meglio della montagna del Tiantai,
Rivale del Huashan quanto alla flora!
Se tu vuoi arare nubi o appender luna
Al suo gancio, non c'è posto più adatto.
Quel chiar di luna che puoi contemplare
Dalla finestra, allarga i tuoi pensieri
E li rende profondi come il mare.
Tripitaka passava in rassegna le bellezze del luogo: gli parve di non aver mai visto luna e stelle così lucenti. Si udì conversare: "Il signor Diciotto(47) ha persuaso il santo monaco a venirci a trovare" si diceva. Il reverendo vide tre vegliardi: uno molto distinto, con la testa candida come la brina; un altro un po' meno vecchio, con una crocchia di capelli verdi; un terzo di carnagione scura, dall'aria assente. Anche il loro abbigliamento era eterogeneo. Vennero tutti e tre a salutare Tripitaka.
|