"Di quali meriti potrò mai vantarmi, per osare di propormi all'attenzione di nobili immortali come voi?" diceva il reverendo, restituendo i saluti.
"Sappiamo che voi avete conseguito la Via da molto tempo" rispose sorridendo il signor Diciotto. "Abbiamo a lungo pregustato il piacere, che oggi godiamo, di incontrarvi. Se non siete geloso dei tesori della vostra sapienza, venite a sedervi e mettervi a vostro agio, in modo che anche noi impariamo i misteri del dhyâna della vera setta."
"Posso permettermi di chiedervi i vostri rispettabili nomi?" domandò Tripitaka inchinandosi.
"L'amico dalla testa bianca" rispose il signor Diciotto, "si chiama Rettitudine Solitaria, quello con i capelli verdi Vacuità Eterea, e l'ultimo, quello con l'aria svanita, Sfiora Nuvole. Il vostro umile servitore si chiama Frugale."
"Qual'è la vostra età?"
Rettitudine Solitaria rispose:
"Ho raggiunto mille anni. Tendo rami
Verdi e robusti verso il cielo; reco
Qualche segno del tempo, ma mi riesce
Di far sbocciare ancora molti fiori.
Può durar giovinezza anche da vecchi
Se si coltiva il Vero nella gioia.
Non è luogo di passo per gli uccelli
Ordinari, la selva solitaria
Dove viviamo lontani dal volgo."
Vacuità Eterea sorrise e prese la parola:
"Anche il mio tronco sfidò mille inverni
Levando in alto i rami. Nella notte
Ne piove la rugiada. Le radici
Che possiede detengono il segreto
Di lunga vita: con le gru ed i draghi
Vivere, star lontano dalla gente
E frequentare solo gli immortali."
Toccò quindi a Sfiora Nuvole:
"Ho sperperato mille autunni anch'io,
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