A queste parole Tripitaka voleva prosternarsi per prendere commiato, ma il signor Diciotto lo rialzò. Vacuità Eterea si mise a ridere: "Naturalmente il discorsetto di Sfiora Nuvole fa acqua da tutte le parti. Non bisogna badare troppo alle sue chiacchiere: non ve la prendete, santo monaco. La nostra intenzione era di approfittare del chiaro di luna per qualcosa di meglio di una conversazione religiosa: si pensava di passare il tempo a cantare, a recitare versi, a conversare allegramente."
"Se è questo che volete" disse sorridendo Sfiora Nuvole, "potremmo entrare a bere il tè nel nostro piccolo eremitaggio. Che ne dite?"
Il reverendo si inchinò per acconsentire, e si avviarono verso la casa di pietra, che recava sulla porta la scritta in tre grandi caratteri:
EREMO DEGLI IMMORTALI SILVESTRI
Quando furono entrati e si sedettero, apparve un servo fantasma dal corpo rosso che servì un piatto di pasticcini di funghi e tazze colme di tè caldo e profumato. Invitato a servirsi per primo, Tripitaka esitava per diffidenza, e si decise a ingoiare due bocconi solo quando ebbe visto che gli altri mangiavano allegramente e le tazze venivano riempite una seconda volta. Egli si teneva in guardia e sbirciava qua e là di sottecchi. Una luce filtrava, come chiar di luna, dalle decorazioni traforate che ornavano le pareti.
Acqua zampilla lieta al bordo della roccia,
Si diffonde nell'aria il profumo dei fiori.
È un ambiente elegante: non un grano di polvere.
Il reverendo finì per trovarsi a suo agio, e mormorò un verso:
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