"Questa scimmia pensa solo a sé stessa" intervenne Tripitaka. "E se il mostro avesse poteri più grandi dei tuoi e tu non lo potessi catturare, non avresti forse mentito? E noi monaci non abbiamo fatto voto di non mentire mai?"
"Maestro" rispose ridendo Scimmiotto, "prima di rimproverarmi, aspettate di saperne di più."
"Che cosa vi occorre sapere?" chiese il vecchio.
"Il vostro nobile territorio è una grande regione pianeggiante e popolosa, non un angolo sperduto fra le montagne. Che specie di mostro si è azzardato a stabilirsi qui?"
"Dovete sapere" raccontò il vecchio, "che nel passato in effetti questo era il posto più quieto del mondo. Ma tre anni fa, nella terza luna, si alzò all'improvviso un gran colpo di vento. Noi eravamo occupati ciascuno negli affari suoi: chi trebbiava il grano, chi trapiantava il riso. Pensammo che fosse il maltempo. Invece era un mostro che ci rubò vacche e cavalli al pascolo, rapì montoni e maiali, ingoiò in un boccone oche e polli; e mangiò vive tutte le persone che incontrava sul suo cammino. Da quella volta il mostro è ritornato spesso a far preda. Reverendo, se ne siete capace, sbarazzateci di questa sciagura. Potrete contare sulla nostra gratitudine e sul nostro profondo rispetto."
"Non sarà tanto facile" obiettò Scimmiotto.
"Difficilissimo!" fece coro Porcellino. "Non se ne fa nulla. Non è roba per noi, poveri monaci vaganti, che chiediamo solo un riparo per la notte e domattina ce ne andremo."
"Siete i soliti monaci scrocconi" brontolò il vecchio. "Un momento fa spostavano le stelle e cacciavano i diavoli. Poi, visto che c'è bisogno di loro, non sanno più far niente."
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