"Vecchio mio" disse Scimmiotto, "bisognerebbe che la gente del posto fosse solidale."
"Che cosa vi fa pensare che non lo sia?"
"Sopportate il danno da tre anni in qua: chissà quante perdite avete subito. Eppure, in cinquecento famiglie, non siete stati capaci di mettere insieme cinquecento tael per far venire un buon esorcista."
"Magari fosse questione di soldi! Volete proprio farci morire di vergogna. Ogni famiglia ha speso i suoi quattro o cinque tael. Due anni fa avevamo trovato un monaco che doveva catturare il mostro, ma non ci riuscì."
"Raccontatemi il suo modo di procedere."
"Era un monaco del sangha e portava il kasâya. Prima recitò il sutra del Pavone e quello della Buona Legge. Bruciò incenso e agitò la campana. Il mostro si irritò, apparve nel villaggio, fra vento e nuvole, e venne a combattere il monaco. Quel bonzo sapeva solo chiacchierare. Quando il mostro se ne andò, lo lasciò a terra con la pelata spaccata nel mezzo, come un melone maturo."
"Ebbe il fatto suo" sghignazzò Scimmiotto.
"Lui ci perse la vita, che valeva poco; ma lasciò grossi debiti a noi. Dovemmo comprare la bara e pagare i funerali. Poi il suo discepolo volle essere risarcito: gli abbiamo dato un mucchio di soldi, ma ancor oggi non è contento e minaccia di farci causa."
"Fu l'unico tentativo?"
"L'anno scorso ci riprovammo con un prete taoista."
"Come andò?"
"Con il daoshi? Arrivò con una tiara d'oro in testa, il vestito con il collare, acqua magica alla mano; batteva le sue tavolette per costringere gli dèi a catturare il mostro. Si alzò un uragano e venne avanti una forma di nebbia spessa e scura, che si gettò addosso al prete. Combatterono tutto il giorno; noi ci eravamo rintanati per lo spavento. Infine il cielo si schiarì e noi uscimmo a vedere. Trovammo il prete annegato nel torrente; quando lo tirammo su, non era altro che il cadavere di una gallina, tutto zuppo d'acqua."
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