Liberi da ogni angoscia ed inquietudine.
Si è narrato come Tripitaka e i suoi, spazzato l'immondo sentiero, poterono proseguire il loro lungo viaggio. Nell'avvicendarsi dei giorni, ritornò la stagione calda.
Mele granate si spaccano al sole,
Foglie di loto come grandi tazze
Verdazzurre, gli uccelli si nascondono
Tra le fronde dei salici. Il viandante
Cerca respiro agitando il ventaglio.
Giunsero in vista di una città circondata da mura e Tripitaka, tirando le redini, disse: "Discepoli, che città sarà quella?"
"Mi meraviglio, maestro" lo stuzzicò Scimmiotto. "La corte vi affida missioni ufficiali; ma voi, a quanto pare, non sapete nemmeno leggere."
"Io faccio il monaco fin dalla prima infanzia e ho studiato a fondo classici e sutra; come ti permetti di insinuare che non saprei leggere?"
"Eppure il nome della città è scritto in tre grandi caratteri sulla bandiera che si vede sventolare sulle mura. Se sapete leggere, perché non leggete?"
"Scimmia maligna!" si adirò Tripitaka. "Soffia il vento; chissà quanto sventola quella bandiera, ammesso che ci sia scritto qualcosa."
"Sono tutte scuse; io leggo benissimo."
"Maestro" intervennero Porcellino e Sabbioso, "non badate alle diavolerie del nostro condiscepolo. A questa distanza, si distinguono appena le mura e i fossati: niente di più piccolo."
"Invece si leggono tre caratteri: Regno di Viola Porpora."
"Dev'essere uno dei regni dell'Ovest in cui dobbiamo presentare il nostro passaporto" concluse Tripitaka.
"Si capisce" approvò Scimmiotto.
Giunti alla porta della città, Tripitaka smontò da cavallo e attraversarono il ponte. Quando ebbero superato la terza cinta, si resero conto di trovarsi in un'imponente capitale.
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