Il re sospirò e disse: "Il vostro grande paese ha davvero una corte celeste; il vostro sovrano può dire di essere assistito da saggi ministri. Io invece, benché una grave malattia mi tormenti da molto tempo, non ho nessuno fra i miei cortigiani che mi sappia guarire."
Il reverendo si azzardò a dargli un'occhiata, e vide che in effetti sua maestà aveva il volto cereo e scarnito, il corpo emaciato e l'aria depressa. Stava per fargli qualche domanda, quando vennero ad annunciare che il pranzo era pronto. Il re ordinò di servirlo nella Sala Colma di Profumi e di mettere in tavola anche per lui: "Pranzerò con il maestro della legge." Naturalmente Tripitaka gli manifestò la sua gratitudine.
Intanto, in albergo, i tre discepoli si occupavano anche loro del pasto. Scimmiotto invitò Sabbioso a preparare tè, riso e verdure.
"Per il tè e il riso non c'è problema" disse Sabbioso, "ma per la verdura non so come fare."
"Che cosa ti manca?"
"Non ho niente per condire: sale, olio, aceto, salsa..."
"Ho qualche soldo; diamolo a Porcellino perché vada a comprare queste cose."
Il bestione si voleva imboscare: "Non mi fido a uscire. Pare che io non sia abbastanza bello per la gente del posto. Se succedono guai, il maestro se la prenderà con me."
"Non vai mica a rubare, e nemmeno a chiedere l'elemosina. Compri in bottega quel che ti occorre, e lo paghi. Quali guai ne dovrebbero venire?"
"Non hai visto come si è spaventata la gente, prima che entrassimo qui? Varie persone sono cascate a terra dallo spavento: se andassi tra la folla del mercato, chissà che ecatombe farei."
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