"Ragioniamo, fratello" rispose Scimmiotto. "Intanto qui non sei nel volgare mondo di polvere, ma in un esimio reame dell'Ovest; e non ti chiedo affatto di fare distribuzioni sconsiderate. Come dice il proverbio: molti peli fanno la pelliccia. Per guarire il re occorre la collaborazione di tutti noi, e d'altronde il buon nome ricadrà sull'intera comitiva. Se invece non riusciamo, non sarà facile uscire di qui."
"Va be', aspettate un momento" concluse il cavallo. Si spinse in avanti, si rattrappì all'indietro, strizzò gli occhi e strinse i denti tanto da farli scricchiolare; alla fine con grande sforzo riuscì a distillare qualche gocciolina.
"Che delinquente!" grugnì Porcellino. "Manco pisciasse oro liquido! Non potevi farne di più?"
Ma Scimmiotto disse: "La quantità può bastare, venite."
Ritornati in sala, impastarono gli ingredienti con l'orina e confezionarono tre pillole. "Sono troppo grosse, cari miei" si inquietò Scimmiotto.
"Non sono più grandi di una noce" obiettò Porcellino. "Toccassero a me, le ingoierei in un boccone."
Le chiusero dunque in una scatolina e durante il resto della notte presero un po' di riposo.
All'alba il re si adattò ad aprire l'udienza, benché non si sentisse bene. Invitò il monaco cinese presso di sé e spedì i suoi funzionari all'albergo, per presentare i suoi rispetti al divino monaco, il reverendo Scimmiotto, e sollecitare "la meravigliosa medicina". Il Novizio si fece portare la scatolina da Porcellino e gliela porse.
"Come si chiama?" domandarono gli inviati. "Lo chiediamo per poterne riferire a sua maestà."
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