Fossero larghi come lo Yangzi,
Non ferman la mia corsa: in un sol balzo
Diciottomila leghe ho superato."
Il re si beava nell'ascolto, e alla fine riempì nuovamente una coppa e gliela tese: "Che meraviglie divino monaco! Comunque il viaggio è lungo: bevete questa, vi darà ispirazione."
Ma il grande santo si apprestava a entrare in azione e non aveva più voglia di bere; perciò rispose: "Berrò al ritorno." E scomparve con un sibilo, lasciando tutti esterrefatti.
In breve giunse in vista di un'alta montagna, con la vetta che si perdeva nelle brume, vi atterrò e contemplò il paesaggio.
Innalza al cielo cime taglienti, affonda nella terra le sue vene minerali. La fitta pineta che la corona scherma il sole; le nuvole si impigliano fra le sue rocce. Pini sempre verdi attraverso le stagioni; rocce immutate attraverso i millenni. Nei boschi risuona il lamento del gibbone; pitoni mostruosi strisciano attraverso i torrenti. Chi vola cinguetta, chi affila le zanne ruggisce. Cervi e camosci si muovono in coppie, corvi e gazze di montagna volano in stormi. Infinite varietà di piante dànno spettacolo, le pesche celebrano il rinnovarsi della stagione.
Il luogo è inaccessibile e cela pericoli: un vero rifugio di immortali perversi.
Scimmiotto si strappò dalla contemplazione che lo incantava, e voleva mettersi in cerca di indizi di presenze diaboliche, quando vide scaturire da un anfratto un'immensa fiammata. Il cielo rosseggiava, e vi saliva una colonna di fumo malvagio ancor più orribile del fuoco:
Luce accecante circondata da miriadi di faville. Il fumo non è di fascine o di fornace; ha cinque colori: blu, rosso, bianco, nero e giallo. Sale ad affumicare i pilastri del portale sud del Cielo, a strinare le travi della Sala delle Nuvole Misteriose. Spiuma gli uccelli nel bosco, cuoce vivi gli animali nelle loro tane. Solo a vederlo, quel fumo feroce scoraggia ogni velleità di avvicinarsi e di affrontarne il padrone.
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