"Quanti uomini e cavalli avranno?"
"Come volete che li contassi? Ero morto di paura. Erano una bella massa di gente, e bisognava vedere quante armi: archi, frecce, sciabole, lance, corazze, picche, alabarde, spade, partigiane, asce, mezzelune, elmi, scudi, usberghi, panciere, spiedi, mazze, tridenti, archibugi ed elmetti. Stivaloni, vesti imbottite, armati di fruste, mazzapicchi, palle di bronzo..."
Il re si mise a ridere: "Piantala con il tuo elenco! Con un soffio di fiamma farò piazza pulita di tutta quella robetta. Informa la signora Santo Palazzo d'Oro e dille di non preoccuparsi. Stamane piangeva tutte le sue lacrime, vedendomi deciso a partire per la guerra. Tu raccontale quante truppe ben armate hai visto, così la terremo buona per un po' di tempo."
"Bell'idea" pensò Scimmiotto fra sé.
Si diresse a una porticina e ne uscì, con la sicurezza di chi si muove in casa propria. Si trovò in vasti spiazzi circondati da grandi edifici, fra cui uno spiccava per le ricche decorazioni e il portale colorato: là abitava la dama Santo Palazzo d'Oro. Scimmiotto entrò e vide che il suo servizio era svolto da due schiere, una di spiriti volpi e l'altra di spiriti cerbiatte, tutte in aspetto di belle ragazze. La dama era seduta nel mezzo con il volto addolorato, appoggiava la guancia profumata a una mano e i suoi occhi erano gonfi di lacrime.
La sua bellezza era affascinante, ma non aveva il coraggio di ungere e pettinare i neri capelli dalle crocchie disfatte. Non portava gioielli, non aveva cipria né rossetto. Serrava la bocca in una smorfia di dolore, corrugava le sopracciglia di falena e versava lacrime dagli occhi stellanti.
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