"Voi che avete lasciato la vostra famiglia, dovreste mangiare quello che vi dànno, e non fare tanto lo schizzinoso."
"Non è certo la mia intenzione. Da quando sono stato incaricato della mia missione, lungo tutta la strada dell'Ovest mi sono guardato dall'attentare alla vita, anche la più umile, e non ho incontrato sofferenza che non abbia lenito. Mi sono cibato grano a grano, e vestito filo a filo. Come oserei ora fare lo schizzinoso con le mie donatrici?"
"Se non siete schizzinoso" insistettero ridendo le ragazze, "perché prima vi fate invitare e poi vi lamentate dell'offerta? Certo questo è cibo grossolano e insipido, ma che cosa vi costa assaggiarlo?"
"Non oso davvero, perché violerei il divieto di mangiar carne. Lasciare libero un essere vivente è ancor più meritevole che nutrirlo: spero che ve ne ricorderete, care pusa. E ora, lasciatemi andare."
Ma le ragazze gli sbarrarono la strada: "Pensi che rinunciamo a un buon affare che ci è piovuto in casa senza che lo cercassimo?" gridavano. "Se ti è sfuggito il peto, non lo riprendi con le mani! Dove credi di andare?"
Erano ragazze sportive, addestrate nelle arti marziali, svelte di piede e di mano. Afferrarono Tripitaka e lo gettarono giù come un vitello. Quando fu con le spalle a terra, lo legarono stretto e lo appesero alla trave maestra, nell'atteggiamento detto l'immortale mostra la via: infatti è una posizione in cui un braccio è teso in avanti, l'altro serrato contro il corpo e i piedi all'indietro.
In questa scomoda posa il reverendo si trovò a penzolare dal soffitto a pancia in giù, appeso a tre corde. Tratteneva a stento le lacrime e si diceva: "Ma guarda che crudele destino! Credevo di chiedere l'elemosina a brave persone, e sono caduto nella Geenna. Discepoli miei, venite a soccorrermi o non mi rivedrete più. Se rimango per qualche ora in queste condizioni, renderò l'anima."
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