Scimmiotto osservò attentamente e vide
sullo sfondo dei monti, torri e padiglioni, chioschi e terrazze. Davanti al portale c'è un fitto boschetto di varie essenze in cui scorre un ruscello; oltre la residenza si scorge un giardino fiorito.
La candida garzetta si posa sul salice, come giada senza macchia nella bruma. Dai peschi giallo-ardenti giunge il canto del rigogolo. Nel prato verde scorrazzano spensierate coppie di cervi. Fagiani spiccano il volo dagli aceri rossi. La si direbbe la Grotta della Terrazza del Cielo di Liu e Ruan, residenza di immortali sul Monte Langfeng.
"Maestro, non è residenza di nobili o re, e nemmeno di ricchi borghesi; questo è un eremitaggio taoista o un monastero buddista. Se ci accostiamo, ne sapremo di più."
Tripitaka sferzò il cavallo, e in breve giunsero all'ingresso, dove una targa di pietra recava tre caratteri:
TEMPIO DEL FIORE GIALLO
Porcellino disse: "È una casa di preti taoisti; l'abito è diverso, ma le pratiche sono come le nostre."
"Giusto" approvò Sabbioso. "Dunque potremo sostare e far riposare il cavallo. Se non darà troppo incomodo, potrebbero offrire un pasto di magro al maestro."
Il reverendo smontò e i quattro entrarono. La seconda porta si adornava di due detti paralleli:
Boccioli gialli, candida neve: residenza immortale.
Erbe di diaspro, insoliti fiori: casa di piume.
"Sarà un daoshi di quelli che giocano col fornello, trasmutano droghe sul fuoco di paglia e armeggiano tutto il giorno con il crogiolo" sghignazzò Scimmiotto.
Tripitaka lo redarguì: "Zitto, non è mica tuo fratello. Non sono cose che ti riguardino: non farmi fare brutta figura."
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