"Non ho nessuna voglia di entrare in azione. Come dice il proverbio: venire alle mani è una brutta malattia. Venite con me."
Si recarono tutte insieme nella sua stanza. Il padron di casa, con l'aiuto di una scala, prese un cofanetto che stava nascosto sotto la trave maestra ed era chiuso da una piccola serratura di bronzo. Cavò poi dalla manica un fazzoletto giallo canarino in cui era annodata la piccola chiave. Il cofanetto conteneva una droga molto particolare:
Mille libbre di escrementi
D'ogni specie di volatili
Nella pentola bollirono
Con pazienza interi mesi.
Da un barile ad un cucchiaio,
Dal cucchiaio a un solo pizzico,
Rosolato e affumicato
E più volte raffinato.
È un veleno potentissimo,
Di gran pregio e rarità.
Se lo assaggi, basta un attimo:
La tua vita finirà.
"Sorelle mie" spiegò il daoshi alle sette ragazze, "questa preziosa droga è una mia specialità. Un millesimo di oncia è sufficiente per uccidere istantaneamente un comune mortale. Per un divino immortale ne occorrono tre millesimi; questa sarà la dose prudenziale per quei monaci. Andatemi a cercare la bilancina dei farmaci."
Una ragazza gliela portò: "Pesami un centesimo e due millesimi di oncia, e dividi la dose in quattro parti uguali."
Il prete si procurò poi una dozzina di giuggiole rosse. Attraverso piccole fenditure introdusse in ciascuna di esse tre millesimi d'oncia di veleno e le mise dentro quattro tazze da tè; in una quinta tazza collocò due giuggiole nere. Pose tutte le tazze su un vassoio e diede queste istruzioni: "Ora ritornerò da quella gente e la interrogherò. Se non vengono dalla corte dei Tang, vuol dire che vi siete sbagliate sul loro conto; se invece ne provengono, ordinerò di sostituire le tazze da tè, e voi darete ai servi questo servizio da portare in tavola. Basterà che bevano un sorso, perché voi siate vendicate e liberate da ogni pericolo di rivederli."
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