Il Novizio notò che la quinta tazza, rimasta sul vassoio, conteneva due giuggiole nere, e si sentì in dovere di proporre al daoshi: "Scambiamo le nostre tazze."
"Vedete, reverendo" rispose l'interpellato, "qui fra i monti selvaggi non ho sempre a portata di mano tutto quello che serve. Ho colto io stesso le dodici giuggiole rosse che vedete nelle vostre tazze, ma non ne ho trovate altre; perciò ho messo nella mia due giuggiole di qualità inferiore. Toccano a me, perché voglio manifestarvi il mio rispetto."
"Che dite mai!" esclamò Scimmiotto. "In casa propria nessuno è tapino, dicevano gli antichi; la povertà ti ammazza in cammino. Voi possedete una casa, e per giunta molto bella. Semmai la povertà la conosciamo noi, monaci vaganti. Facciamo il cambio, vi prego."
"Consapevole del Vuoto" intervenne Tripitaka, "non insistere, non è educato. Il reverendo ci vuole manifestare la sua ospitalità."
Il Novizio dovette zittirsi, ma nascose la tazza e stette a vedere che cosa capitava agli altri. Porcellino diede l'esempio con il suo enorme appetito, che gli faceva ingoiare indiscriminatamente ogni cibo e bevanda; anche gli altri due mangiarono le giuggiole. Dopo un momento Porcellino impallidì, a Sabbioso vennero le lacrime agli occhi e al monaco cinese la bava alla bocca. La vertigine li colse e li fece cadere a terra uno sull'altro.
Il grande santo si alzò da sedere e gettò la tazza con il contenuto in faccia al daoshi, che si protesse con la manica: la porcellana sottile cadde a terra e si ruppe in mille pezzi.
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