Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     I settanta Scimmiottini non diedero segno di clemenza. Scimmiotto disse loro: "Non li battete; chiedete loro di restituirmi maestro e condiscepoli."
     Le creature malefiche gridavano: "Maestro e fratello, salvateci! Liberate il monaco cinese!"
     Sbucò fuori il daoshi: "Arrangiatevi, sorelle mie. Quel monaco me lo voglio mangiare."
     Scimmiotto si arrabbiò: "Vedrai in che stato le riduco, le tue sorelle!" Ricuperò i suoi peli e la sbarra, abbattendo quest'ultima a due mani sulle teste dei sette ragni, che furono miseramente spiaccicati: ne rimase un po' di brodo. Poi si gettò addosso al daoshi, che lo fronteggiò levando la spada.
     Gli avversari furenti si diedero battaglia impiegando tutti i loro poteri magici.

     Rotea il mostro la sacra spada, il grande santo impugna la sbarra, a causa di Tripitaka; le sette sorelle, ahimè, sono ormai fuori causa.

     Dispiegano la loro potenza e destrezza; il grande santo forte e brillante, l'immortale perverso potente e intrepido. Grande la varietà dei colpi, rapide le mani più delle pale del mulino.
     Sotto il cielo percorso da nere nubi, le loro armi si scontrano sonore. Non meno delle armi, colpiscono le parole. Sibila il vento, vola la sabbia sulla terra oscurata, riempiendo di terrore tigri e lupi.

     Dopo una cinquantina di assalti, il daoshi si rese conto che non ce la faceva più; allora si sciolse la cintura e lasciò cadere al suolo la veste che indossava.
     "Che cosa credi di fare, giovanotto?" sogghignò Scimmiotto. "Vuoi farti strigliare meglio a pelle nuda?"


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