"Sembra che qui non abiti nessuno" si diceva Scimmiotto. "O forse la persona che cerco è lontana da casa." Ma dopo avere percorso qualche li, vide un letto su cui era stesa una monaca. Ecco il suo aspetto:
Berretto di broccato a cinque fiori,
Veste tessuta d'oro, calzature
A punta di fenice, alta cintura.
Antico il volto come tardo autunno
Ricoperto di brina, ma la voce,
Lieve e argentina, sa di primavera.
Per lei non han misteri i tre veicoli,
Le quattro sante verità la nutrono,
La vacuità del vuoto ha ben compreso
E gode vagabonda libertà.
È il buddha della Grotta Mille Fiori,
Ed è Pilan il suo eminente nome.
Dirigendosi alla sua volta, Scimmiotto gridò: "Pusa, i miei rispetti!"
Essa scese dal suo letto e giunse le mani per salutarlo: "Qual buon vento ti conduce qui, grande santo? Scusami, se non ti sono venuta incontro."
"Mi conoscete?"
"Chi mai non ti conosce! Le forze dell'ordine ti ricercavano dappertutto, l'anno che facesti la rivoluzione in paradiso."
"Si capisce. La notizia che fai male, corre lontano mille leghe; quella che fai bene, non esce nemmeno dall'uscio di casa. Perciò, penso, nessuno vi ha raccontato che poi mi sono convertito; ora sono buddista."
"Congratulazioni. Da quanto tempo?"
"Da poco; da quando mi hanno liberato dal carcere per arruolarmi a protezione del monaco cinese, che va nel paradiso occidentale in cerca di scritture. Ma quando siamo arrivati al Tempio del Fiore Giallo, il prete del posto lo ha avvelenato con una tazza di tè. Ho cercato di combattere questo daoshi, ma mi ha messo in difficoltà con i suoi raggi d'oro. Pare che voi siate in grado di neutralizzarli: perciò sono venuto a chiedervi aiuto."
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