Il grande santo si fece una bella risata: "Se la loro forza consiste nell'essere amici dei miei giovani colleghi e dei miei inservienti, non so che farmene. Se sapessero che sono qui, aspetterebbero giusto che venga buio per sloggiare di corsa."
"Ma che cosa dici, monacello? Quelle sante divinità, tuoi colleghi e inservienti! Tu bestemmi!"
"Per dirvela tutta" raccontò Scimmiotto ridendo, "io sono Scimmiotto Consapevole del Vuoto. Da giovane sono stato mostro anch'io, e ne ho combinate di tutti i colori. Una volta che avevo bevuto troppo, vennero due messi dei tribunali infernali a condurmi all'altro mondo. Misi sottosopra il servizio d'ordine della Rete della Foresta delle Apparenze e terrorizzai i giudici, tutti e dieci: il re Yama divenne davvero bianco come un morto. Firmarono un pezzo di carta per dichiararsi miei giovani colleghi e servitori, purché gli risparmiassi le botte."
"Amitâbha Buddha! Le frottole che racconti sono grandi, monacello; non riuscirai mai a diventare grande come loro."
"Caro signore, sono già grande abbastanza."
"Quanti anni hai?"
"Indovinate."
"Ne avrai sette o otto."
"Moltiplichiamo per diecimila" fece ridendo Scimmiotto. "Se non avete niente in contrario, posso mostrarvi il mio vero aspetto."
"Lo vedo già, il tuo aspetto."
"Non vedete molto, in verità: ne ho altri settantadue."
E si passò la mano sul volto. Con la sua faccia feroce dai denti in fuori, le chiappe scarlatte, la gonnella di tigre stretta alla vita e la sbarra cerchiata d'oro in mano, era proprio il duca del tuono nato e sputato. Il vecchio impallidì, le gambe non lo ressero e cadde per terra; si rialzò, ma cadde di nuovo.
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