"Non spaventatevi fino a questo punto" gli disse Scimmiotto. "Sono brutto, ma abbastanza gentile. Vi ringrazio della buona intenzione con cui ci avete messo in guardia. Prendetevi il disturbo di raccontarmi qualcosa di più sui mostri di queste montagne: quanti sono, chi sono? Ve ne sarò grato."
Il vecchio tremava come una foglia e non riusciva più a spiccicare una parola. Sembrava che lo avesse colto una paresi, o che fosse diventato sordomuto. Scimmiotto aspettò per qualche tempo; poi, vedendo che il vecchio non riusciva a riprendersi, gli volse le spalle e ritornò da Tripitaka.
"Che cosa hai saputo, Consapevole del Vuoto?" gli chiese il reverendo.
"Niente di grave" rispose ridendo Scimmiotto. "Questa banda di mostri sulla montagna è giusto buona per far paura a questi pavidi montanari. Non vale la pena di parlarne."
"Ma hai saputo come si chiama la montagna, quanti sono i diavoli, dove abitano precisamente, e dove passa la strada verso il Monastero del Colpo di Tuono?"
"Maestro" intervenne Porcellino, "con rispetto parlando: in fatto di farse e carnevalate, gare di travestimento e giochi a moscacieca, il mio condiscepolo anziano è uno specialista senza rivali. Ma per le cose serie, valgo più io di un battaglione di Scimmiotti."
"È vero" riconobbe Tripitaka. "Tu sei più solido."
"Lui è uno che spinge avanti la testa e si dimentica la coda; fa due domande, si perde in ciaccole e ritorna da noi tutto garrulo senza niente da dire. Mandate me, se volete sapere le cose a fondo."
"Va pure, Consapevole delle Proprie Capacità; ma sta attento."
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