"Me la sto facendo addosso dalla paura" rispose Porcellino. "Non c'è proprio altro da dire. Disperdiamoci e scappiamo, prima che sia troppo tardi."
"Sudicione incallito! Ho sentito anch'io quel vecchio, e non mi ha detto niente di strano. Tu ci scambi due parole, e ti spaventi tanto da perdere il controllo del ventre."
"Insomma, che cosa succede?" domandò Tripitaka.
"Dice il vecchio" rispose Porcellino, "che questa è la montagna del Cammello Leone, larga ottocento li. In mezzo c'è una grotta dello stesso nome, dove abitano tre mostri che hanno ai loro ordini quarantottomila cannibali. Fate un po' voi il conto, che cosa rimarrà di noi se ci mettiamo piede."
A Tripitaka si rizzarono i capelli in testa: "Come faremo, Consapevole del Vuoto?"
Scimmiotto rise: "Tranquillizzatevi, maestro. Non c'è niente di grave. Qualche mostro in giro ci sarà; ma la gente del posto è paurosa e ingrandisce le cose. Comunque, son qui io."
"Ma che cosa dici fratello?" insisteva Porcellino. "Io non sono approssimativo come te, ho fatto domande precise. E anche le risposte sono precise, altro che favole di montanari. Monti e valli formicolano di esseri malefici."
"Non insistere, bestia" sghignazzò Scimmiotto. "Fai dell'allarmismo inutile. Se la montagna formicola, schiaccerò le formiche con la mia sbarra. Datemi la metà di una notte, e sgombrerò il cammino."
"Sono fanfaronate senza senso. Solo per fare l'appello di tutta quella gente ci vorrebbe una settimana. Cosa credi di fare?"
"Quali metodi credi che si possano usare?"
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