Infatti si arrampicò su per le fosse nasali. L'irritazione che produsse fece esplodere un grande starnuto, che lo proiettò lontano.
Come fu all'aperto, il Novizio si diede una statura di tre tese. Il primo diavolo gli assestò un fendente di sciabola, ma il grande santo parò con la sbarra. L'arma del secondo diavolo era una lancia, quella del terzo un'alabarda: tutti insieme si gettarono in una mischia indescrivibile.
Scimmiotto temeva che il formicolio di mostri che lo circondava finisse per intralciare seriamente i suoi movimenti; perciò balzò via e si andò a posare sulla cima deserta della montagna. Da lì incominciò a tirare il filo. Il primo diavolo si sentì il cuore stretto in una morsa e fece un balzo in aria, mentre il grande santo lo dirigeva qua e là.
I mostri che assistevano allo spettacolo gridarono: "Maestà, lasciatelo perdere, non lo provocate. Quel macaco non ha il senso delle convenienze: gioca all'aquilone senza aspettare che venga primavera."
Scimmiotto, da parte sua, diede uno strattone che fece piombare il diavolo al suolo con uno schianto tremendo: scavò un cratere profondo due piedi.
I suoi fratelli, spaventati, corsero a vedere che cos'era successo, si inginocchiarono al suolo e gridarono: "Grande santo, vi credevamo un immortale intrepido e magnanimo; non avremmo mai creduto che apparteneste piuttosto alla specie sorniona del ratto o della lumaca. Volevamo darvi leale battaglia; non pensavamo che sareste ricorso a questi trucchi sadici."
"Maledetti diavoli spudorati!" sghignazzò Scimmiotto. "Sentili, i cavalieri senza macchia! Promettono di accompagnare il mio maestro, ma di fatto cercano solo di azzannarmi; uno mi sfida a duello, e me ne trovo davanti trentamila. Ora porterò questo signore dal mio maestro."
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