"Questa bestia non possiede nemmeno i pantaloni; dove terrà l'argento?" si chiedeva Scimmiotto ridacchiando fra sé. E disse: "Va bene, dov'è questo capitale?"
"L'ho nascosto dentro l'orecchio sinistro. Ho le mani legate. Servitevi da solo."
Scimmiotto frugò dentro l'orecchio, e vi trovò davvero un lingottino da quarantasei centesimi di tael, a forma di sella di cavallo. Quando l'ebbe in mano non poté trattenere le risa, e Porcellino riconobbe la sua voce.
"Pendaglio da forca di un equipuzio!" si mise a urlare sbruffando l'acqua intorno. "Conciato come sono, hai il coraggio di venirmi a estorcere soldi!"
"Sacco di segatura" rispose Scimmiotto continuando a ridere, "mentre il tuo bravo condiscepolo si dà da fare per proteggere il maestro, tu sottrai le elemosine per comprarti i dolciumi."
"Svergognato! Io non ho sottratto niente. Ogni soldo me lo sono, per così dire, levato di bocca; rinunciavo a spenderlo in cibo perché mi volevo comprare una pezza di tela per farmi un vestito. Sei tu che me l'hai sottratto con il terrorismo. Almeno, dividiamo!"
"Non dividiamo un bel niente."
"Va bene, ti lascio tutto" grugnì Porcellino. "Ma tu in cambio tirami fuori di qui."
"Un momento di pazienza." Scimmiotto ripose il denaro, riprese il proprio aspetto e avvicinò il bestione al bordo della vasca con l'aiuto della sua sbarra; quindi lo afferrò per i piedi, lo tirò fuori e lo liberò dai legami. Porcellino balzò in piedi e si levò la tonaca, per strizzarla e cavarne quanta più acqua poteva; poi se la rimise e propose: "Fratello, apriamo la porta di servizio e battiamocela."
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