Wu Cheng'en
VIAGGIO IN OCCIDENTE


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     È una lotta spietata all'ultimo sangue, per quel monaco venuto dalla Cina.

     Porcellino, piantato in terra il suo rastrello, se ne rimase a fare da spettatore senza muovere un dito.
     Il mostro, davanti a quel virtuoso della scherma, sfoderò il suo colpo preferito: allungò la proboscide e cercò di afferrarlo. Ma Scimmiotto, con prontezza, levò alta la sbarra; fu allacciato al petto, ma conservò libere le braccia.
     "Questa volta, il povero mostro non ha avuto fortuna!" gridò Porcellino. "A me aveva stretto anche le braccia: non mi potevo più muovere. Invece Scimmiotto, che sa certo usar le mani meglio di me, resta libero di fare quello che vuole: può infilargli la sbarra in quel suo lungo naso, e fargli soffiare moccio e sangue."
     Scimmiotto apprezzò il suggerimento: ridusse la sbarra al diametro di un uovo e a una tesa di lunghezza, e la infilò a fondo dentro la proboscide. Il mostro barrì di spavento e lo lasciò andare. Allora Scimmiotto afferrò la proboscide e la tirò a tutta forza. Il mostro non poté fare altro che seguirlo docilmente, per cercar di alleviare il dolore che quegli strappi gli procuravano.

     A quel punto si fece sotto anche Porcellino e fece piovere i colpi del suo rastrello sui fianchi della bestia.
     "Non colpire con i denti del rastrello!" gridava Scimmiotto. "Lo farai sanguinare, e il maestro ricomincerà con le sue geremiadi contro i sanguinari. Picchia con il manico, che i colpi non lasciano segno."
     Scesero dunque la montagna come due cornac che conducono un elefante riottoso, l'uno tirando la proboscide e l'altro bastonando i fianchi. Tripitaka, che stava all'erta, li vide venire da lontano e chiese: "Consapevole della Purezza, riesci a capire che cosa sta tirando Consapevole del Vuoto?"


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