Spiriti di montagna fan la guardia.
L'astuta lepre sbuca dalla porta
E attende ai propri affari. Gran cinghiali
Fan da artigiani. L'antica città
È ridotta a rifugio delle fiere.
Mentre Scimmiotto era preso dalla meraviglia e dall'orrore, udì un sibilo dietro di sé e si voltò appena in tempo per vedere il terzo diavolo che gli piombava alle spalle brandendo a due mani un'alabarda a cielo quadrato con il manico scolpito, e cercava di rompergli la testa. Il grande santo si girò di scatto e lo fronteggiò: entrambi ansimavano di collera e combattevano stringendo i denti, senza dir parola. Il diavolo anziano, da parte sua, sfoderò la sciabola e aggredì Porcellino, che lasciò il cavallo e impugnò il suo tridente. Il secondo diavolo vibrò la lancia su Sabbioso, che parò con il randello ammazza-diavoli.
I tre diavoli e i tre monaci si affrontarono in duello, mentre i sedici mostriciattoli, sempre efficienti secondo le raccomandazioni ricevute, si impadronirono del cavallo e dei bagagli, e corsero con il palanchino su cui era Tripitaka alla porta della città: "Aprite! Portiamo il monaco cinese, per ordine delle loro maestà."
La porta fu subito spalancata. Ai mostri di pattuglia fu ordinato di limitarsi a sventolar bandiere e rullare i tamburi, con divieto di gridare e di battere i gong: "Le loro maestà ordinano di non spaventare il monaco cinese, perché la paura non renda le sue carni tigliose e immangiabili."
I mostri fecero quindi lieta accoglienza, con molte riverenze e segni di rispetto.
Il palanchino portò il monaco cinese fin dentro la Sala delle Campanelle d'Oro, dove fu invitato a sedere e gli venne offerto il tè. Una folla di servitori si affaccendava intorno a lui, che frastornato cercava invano fra loro un volto famigliare.
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